RITENGO CHE SIA DOVERE DI CHIUNQUE E A MAGGIOR RAGIONE DI NOI ITALIANI, FARE DI TUTTO PER PROMUOVERE, SALVAGUARDARE E DIVULGARE L'ARTE IN TUTTE LE SUE ESPRESSIONI.
UNA SOCIETA' DISTRATTA SUI FATTI DELL'ARTE E' UNA SOCIETA' VOTATA ALL'IMPOVERIMENTO... E NOI, DA QUESTO PUNTO DI VISTA, LO SIAMO GIA' ABBASTANZA!






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venerdì 12 agosto 2011

Notizie dalla rete...

Navigando qua e là negli spazi ancestrali della rete ho trovato un paio di articoli degni dell'attenzione, immagino di tutti... e soprattutto del sottoscritto...
Il primo l'ho trovato sul portale "Globalist (http://www.globalist.ch/ ) ed è a firma di Glenda Cinquegrana. 
Il secondo su GlobArtMag (http://www.globartmag.com ) e porta la firma di Micol di Veroli...
Buona lettura...


Il consumo di arte contemporanea fra reale e virtuale

Il web può essere una risposta alla necessità di allargamento della domanda che da anni gli operatori lamentano. Se sì, in che modo? [Glenda Cinquegrana]




di Glenda Cinquegrana
   
Da anni circola la voce che il web potrebbe essere per il mercato dell'arte un terreno capace di fruttare introiti rilevanti, qualora strutturato come canale di vendita complementare a quelli tradizionali. Eppure, ad un'analisi strettamente economica, questa scommessa subito raccolta da Sotheby's e Christie's, che già nel lontano 2000 varavano le prime piattaforme virtuali per la messa in vendita di opere tramite il bidding on-line, sembra restare una promessa disattesa. Le due case d'asta affermano che soltanto adesso, a più di dieci anni di distanza dall'investimento iniziale, le aste on-line sarebbero capaci di raccogliere utili simili a quelli realizzati tramite i canali di vendita tradizionali. Dove gli utili, inutile dirlo, sono stimati attorno ai milioni di dollari, come nel caso vaso da vino della dinastia Shang venduto da Christie's New York a 3,3 milioni lo scorso settembre. Non tutti gli investimenti sono stati così 'fortunati'. I fondatori del sito Artnet.com, leader fra i database informativi sull'arte con i suoi 10 milioni di abbonati, e sul quale trovano rappresentanza virtuale decine di gallerie worldwide a scopo di vendita, hanno dichiarato recentemente fallita quell'esperienza di commercio on-line.
Quindi, di fronte a questi elementi non appare azzardato affermare che il web, tramite la resa pubblica dei dati relativi alle vendite, ha svolto nel mercato dell'arte un compito importante in favore della riduzione delle opacità informative che condizionano le transazioni. Ma d'altro canto questi stessi argomenti inducono a sollevare dubbi sul fatto che le nuove tecnologie informatiche possano produrre un cambiamento nelle pratiche di consumo. E' evidente che per i collezionisti, consumatori altamente conservatori, le perplessità sull'uso delle nuove tecnologie per gli acquisti sono profonde. Oltre a non considerare che anche fra le file degli stessi produttori, le gallerie e i mercanti, forti sono le resistenze ad abbracciare logiche di consumo meno elitiste, nel timore di perdere le posizioni di privilegio raggiunte presso una clientela fortemente conservatrice, in favore di una nuova tutta da creare e conquistare.
  Se molto ha fatto per la diffusione dell'informazione, ancora marginale, poi, è il ruolo svolto dal web per combattere il restringimento progressivo della domanda. La crisi nel mercato dell'arte iniziata nel 2009 è un dato reale: solo in Italia i dati riferiscono una riduzione del giro di affari pari a - 52, 7% a partire dal 2009. E' proprio nel momento di crisi che le problematiche relative all'allargamento della quantità di consumatori si fanno più impellenti, laddove il numero di collezionisti e la frequenza dei loro acquisti è elemento che condiziona negativamente la sopravvivenza degli operatori secondari del mercato.
Dai tablet alle fiere virtuali..
  Nell'arco temporale di quei dieci anni intercorsi fra il varo delle prime forme per il bidding on line ad oggi, le cose sono molto cambiate: la vera rivoluzione tecnologica è stata indotta non tanto dal web ma dalla diffusione capillare di quelle piattaforme tecnologiche che del web fanno uso: ci riferiamo alle invenzioni di Steve Jobs e della sua Apple, e le creature I-Phone ed I-Pad. In tempi recenti i tablet e i telefonini stanno mettendo in atto una vera rivoluzione delle pratiche di consumo culturale, che oggi coinvolge l'editoria, ma che arriverà a toccare altri settori come la televisione e l'intrattenimento, come non era mai accaduto prima. Il fattore rivoluzionario rischia di diventare un elemento reale se la diffusione di quei -- tecnologici diventa sempre più ampia fra le classi colte: la previsione di vendita di I-Pad dalla Apple per il 2011 è stimata entro i 28 milioni di esemplari venduti.
  L'I-Pad ed il suo potenziale rivoluzionario in termine di pratiche di consumo culturale non può essere ignorato. Dagli USA lo scorso gennaio è venuto un segnale di consapevolezza di necessità adeguamento al presente dagli organizzatori del primo avvenimento fieristico integralmente realizzato on-line, la VIP Art Fair. Concepito dalla collaborazione fra due galleristi e due esperti di cultura digitale della Silicon Valley, questo evento hanno conquistato le adesioni massive di molti fra i maggiori art players del mercato internazionale, a testimonianza di come la sensibilità per la cultura tecnologica, come la filosofia del contenimento dei costi, siano diventate diffuse anche fra i produttori dell'arte.
  Il titolo della fiera alludeva alla formula originale del view in private, ossia alla possibilità di poter accedere ad un evento fieristico comodamente seduti ai propri computer di casa: il visitatore munito di password di accesso, aveva visibili sullo schermo del proprio tablet o PC, i booths delle singole gallerie, nelle quali poteva visionare le opere, a portata di un semplice click, sottoforma di fotografie digitali. I partecipanti all'evento, durato lo spazio di nove giorni, potevano beneficiare non solo della comoda vista lontana dalle corsie affollate, ma soprattutto di un vasto corredo informativo, comprendente oltre ai curricula degli artisti e a testi, le informazioni di prezzo.  
Eppure questa formula sembra non essere stata particolarmente gradita dai collezionisti, che si sono lamentati delle difficoltà di accesso prodotte dalla lentezza delle connessioni. Dietro le lamentele di carattere tecnico, è evidente che si celano le difficoltà di aggiornamento tecnologico da parte di fruitori per i quali la semplicità e la comodità di un'esperienza fatta allo schermo del computer non è certamente un pregio. Lo spirito alla base dell'evento, poi, era a favore dell'ottica privilegio per la clientela preesistente, laddove l'accesso alla chat nella quale era possibile parlare con i galleristi era un servizio a pagamento per 100$. Se oltre all'assenza di spazio emozionale, paragonabile all'esperienza di chi compra un disco a confronto di chi ascolta musica dal vivo, viene meno lo spazio di incontro fra gli operatori, la valutazione di un servizio pur ottimamente realizzato non può che restare negativa per un pubblico nuovo.
  Le novità per la nuova generazione I-Phone e I-Pad: Art Genome.  
Se le tecnologie da sole non sono capaci di imporre ai consumatori nuove forme di consumo, esse possono divenire gli strumenti indispensabili per coadiuvare i collezionisti all'interno dello schema imposto dalle pratiche di consumo tradizionali, che restano ineludibili. Come? Ce lo dice Art.sy, nuova piattaforma informatica per l'arte contemporanea che è stata presentata durante i giorni di Art Basel dai suoi fondatori e soci finanziatori, fra cui Dasha Zukhova, compagna dell'imprenditore Abramovich e direttrice della galleria di Mosca Contemporary Art Garage e Wendy Murdoch, moglie del tycoon australiano delle comunicazioni. Al sentire pronunciare questi nomi non abbiamo dubbi sugli obiettivi ambiziosi del progetto. L'intuizione su cui si basa Art.sy è che l'uso della tecnologia può essere utile non tanto a sostituire le prassi di consumo tradizionali, evidentemente consolidate, quanto a coadiuvarle: lo scopo alla base dell'impiego della tecnologia è quello di diminuire i costi di apprendimento che sono ampi, dove questo dovrebbe essere inteso come beneficio implicito non solo per i nuovi consumatori a corto di tempo, ma anche per i collezionisti tradizionali, incapaci di seguire le complesse vicende di un mercato sempre più globale.  
Art.sy is a new way to discover and learn about fine art from the world's leading galleries and institutions. Alla base di Art.sy si trova una tecnologia di nome Art Genome, che altro non è che un logaritmo inventato da un ingegnere ventiquattrenne di Cleveland, che è an ongoing study of the characteristics that distinguish and connect original works of art. Fornendo i propri dati di gusto, Art Genome processa le informazioni di gusto e, attraverso il suo sistema informatico, restituisce suggerimenti intelligenti nel corso del tempo sulle opere affini al gusto di ciascuno. Al programma partecipano alcune delle migliori gallerie e dei maggiori musei al mondo. Art.sy, quindi, è uno strumento culturale confezionato per i nuovi internauti appassionati di web. Appositamente per la fiera di Basel, grazie alle gallerie aderenti al programma, Art.sy ha varato un'app. scaricabile gratuitamente, tramite la quale gli utenti della fiera avevano la possibilità di fotografare le opere dai loro I-Pad, e riceverne suggerimenti sulle opere affini a quelle di loro gusto.
Art.sy è uno mezzo di semplificazione dell'esperienza di apprendimento che si trova alla base del consumo delle opere d'arte. Staremo a vedere se questo esperimento avrà lo scopo di attrarre al mercato nuovi consumatori e soddisfare i crescenti bisogni tecnologici dei collezionisti.  

Glenda Cinquegrana è PhD in Economia dell'Arte; dirige e cura l'attività della galleria The Studio a Milano.​  

vedi l'articolo origila su:



Largo alle gallerie “solo” su internet

di Micol Di Veroli

Le gallerie private sono sempre il luogo migliore per ammirare le nuove ricerche di arte contemporanea. Negli ultimi tempi però si è registrato un notevole aumento di spazi esclusivamente online ed il bello è che molte di queste piattaforme sono estremamente valide, tanto da “rubare visibilità” alle gallerie tradizionali.
Possiamo senza ombra di dubbio affermare che la rivoluzione internet è partita dai numerosi dealer di poster art che già da qualche anno sono presenti all’interno della rete. Successivamente il fenomeno si è espanso a tal punto che lo scorso anno è stata inaugurata la Vip art fair, prima fiera dell’arte contemporanea totalmente online. L’esperimento si è concluso con un sostanziale “pareggio” ma è logico che il motore è ancora in rodaggio.
La Vip art fair è comunque un primo passo molto importante verso un futuro molto vicino. Dicevamo quindi delle gallerie online, sono molti i dealers privati che ultimamente hanno scelto di esercitare la loro professione esclusivamente su piattaforme internet.
Gallerie come bubblebyte.orgBarmecidal ProjectsFach & Asendorf Gallery e STATE, hanno da poco avviato un processo tecnologico inarrestabile. Questi spazi virtuali funzionano esattamente come le gallerie fisiche, le loro mostre sono corredate da un ottimo supporto curatoriale ed hanno intenti ben definiti. Biografie degli artisti, mostre ed eventi in programma, comunicati stampa, tutte attività che ricalcano a perfezione quelle delle gallerie tradizionali. Bubblebyte.org, fondata dall’artista inglese Rhys Coree dall’italianissima Attilia Fattori Franchini (curatore new media art) ha un programma ben nutrito e da gennaio scorso ha già presentato 6 mostre personali ed ha l’obiettivo di diventare una piattaforma di riferimento per lo sviluppo, la promozione ed il mercato della interne art, scavalcando il consueto e macchinoso iter del sistema dell’arte.
E’ innegabile che attraverso internet e con l’ausilio dei vari social media, la propria proposta artistica può raggiungere un enorme bacino di pubblico, la sfida è però quella di sopperire la presenza fisica dell’opera. Per l’internet art le cose non cambiano ma quando si tratta di installazioni, scultura e pittura tutto assume un valore diverso. Noi accogliamo queste grandi novità come una nuova prospettiva per il mondo della creatività e del mercato, vedremo cosa ci riserverà il futuro.
Micol Di Veroli


vedi l'articolo originale su:




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