RITENGO CHE SIA DOVERE DI CHIUNQUE E A MAGGIOR RAGIONE DI NOI ITALIANI, FARE DI TUTTO PER PROMUOVERE, SALVAGUARDARE E DIVULGARE L'ARTE IN TUTTE LE SUE ESPRESSIONI.
UNA SOCIETA' DISTRATTA SUI FATTI DELL'ARTE E' UNA SOCIETA' VOTATA ALL'IMPOVERIMENTO... E NOI, DA QUESTO PUNTO DI VISTA, LO SIAMO GIA' ABBASTANZA!






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sabato 13 marzo 2010

"Il Mercato truccato dell'arte" di Alessandro Riva da Exibart

Pubblico di seguito un articolo Exibart n°64 a firma di Alessandro Riva.

Devo ammettere che Riva, non è certo il personaggio nel quale pongo la mia più totale stima (e non mi riferisco assolutamente alle sue personalissime vicissitudini giudiziare che non devono invalidare il lavoro del critico), ma in questo caso ha il mio totale consenso. Bravo Alessandro!
Ho un dubbio però, questa tua "denuncia", è frutto di giustificato onore di cronaca o scaturisce dall'esclusione da alcune fiere di gallerie e similari a te vicine?

"Nel mondo dell’arte - in Italia e non solo - esiste una “questione morale” che di gran lunga
supera e sovrasta tutte le altre. È la madre di tutti i problemi, dei conflitti d’interesse, delle mafie e delle camarille che da decenni attanagliano un sistema che, avendo perso l’appoggio, o anche solo l’attenzione, del pubblico generico (quello che va al cinema, ai concerti, legge libri, ma non frequenta le mostre, non conoscendone e non ri-conoscendone il linguaggio), avendo perso qualsiasi criterio estetico per decidere cosa sia o non sia “arte”, o cosa sia o non sia “buono”, o anche solo onestamente “decoroso”, per essere definito arte, non ha che da appoggiarsi all’arbitrio, alla decisione indiscutibile, inappellabile, incontrollabile dei pochi, assoluti, omologati e omologanti Padroni del Vapore (con rare, rarissime eccezioni).
La questione di cui parlo è quella che ruota attorno alla gestione delle fiere d’arte: uno scandalo che nessuno ha il coraggio di denunciare (perché ha paura di perdere eventuali pubblicità, od ospitalità, o favori d’altro tipo), contro il quale nessuno, a destra, a sinistra, o
dalle pagine di una qualsiasi delle tante riviste d’arte - né quelle popolari, o ex popolari, come Arte Mondadori, che oggi non sanno più neppure loro cosa sono (né carne né pesce, a dirla tutta), né quelle “di tendenza”, o di ex-tendenza, come Flash Art - vuole o ha il coraggio di denunciare (ci ha provato, in realtà, Luca Beatrice molti anni fa, con la sua rubrica su Flash Art, prima di esserne estromesso: e forse i tanti soloni che oggi lo riempiono d’insulti per il suo Padiglione Italia glielo dovrebbero riconoscere, se solo avessero un po’ di memoria, e un briciolo di onestà intellettuale). Qual è lo scandalo? In due parole: non c’è vera concorrenza. Il mercato è truccato.

Non esiste, in soldoni, nell’arte, il libero mercato, ma solo un mercato “dopato” e monopolizzato da una camarilla di pochi in accordo tra loro per decidere chi debba entrare a farne parte e chi no. Quello dell’arte, infatti, è l’unico - dico l’unico - settore merceologico, non solo in Italia, ma
in tutto il mondo, nel quale alcuni dei clienti di una fiera (ovvero gli stessi galleristi) hannola possibilità - con l’approvazione e l’appoggio di partner pubblici - di decidere chi possao non possa far loro concorrenza. Infatti, i famigerati “comitati di consulenza” delle fiere,
formati da galleristi, decidono quali altre gallerie possono o non possono partecipare alle medesime fiere.
Ora, tutto questo è un assurdo puro in un sistema di libero mercato. È come se una casa produttrice di computer potesse decidere, a suo piacimento, chi deve star dentro e chi deve star fuori dalle più importanti fi ere di settore: ovvio che cercherebbe immediatamente di far fuori i suoi più diretti concorrenti; recando loro un enorme, e illegittimo, danno economico e ottenendo per sé un ingiusto e immeritato profi tto. Ora, quello che abbiamo appena fatto è, appunto, un esempio dell’assurdo, per una fi era di computer, o di qualsiasi altro settore merceologico: una cosa del genere, nel libero mercato, è infatti impensabile.

Tranne che nell’arte. Nell’arte, infatti, questo monstrum giuridico ed economico è la regola. Ora, i signori galleristi che si spartiscono il potere in queste allegre macchine spendi soldi, se avessero un minimo di buon senso e di rispetto per i normali meccanismi della concorrenza nel mondo occidentale, sarebbero i primi a concordare sul fatto che questa regola è, prima ancora che un’assurdità, un mezzo per ottenere un illecito profitto, perché fatto a spese di concorrenti che sono messi in palese condizione di svantaggio, poiché esclusi a priori dalla competizione: dunque, una turbativa al libero mercato, una situazione di illegale e ingiusto predominio commerciale, un vero e proprio “cartello”, di stampo monopolistico o para-monopolistico, che turba l’espressione della libera concorrenza. Invece, lorsignori continuano indisturbati il loro lavoro; anzi, fanno di più: si arrogano il diritto di decidere anche quale artista abbia il diritto o meno di accedere alla fiera, cioè al mercato.
Già: dovete infatti sapere che non solo le gallerie che fanno parte dei “comitati” (d’affari) delle fiere decidono quali gallerie possano star dentro alla stessa fiera, ma (con la scusa di una “qualità”della quale, chissà in base a quali regole, essi stessi sono stati nominati, chissà come e perché, depositari) decidono anche quali artisti queste gallerie debbano, o non debbano, esporre.
Alcuni artisti quindi - vuoi perché non piacciono ai signori dei comitati d’affari, vuoi perché appartengono a gruppi o consorterie diverse dalle loro - non possono esporre nelle fiere più note e più importanti. Dunque, a questi artisti viene arrecato un ingiusto, e ingiustificato, danno: viene loro impedito, letteralmente, di esistere, dal momento che per un artista il mercato rappresenta la linfa vitale necessaria e indispensabile per crescere, per maturare, insomma per esistere in quanto artista.
Se qualcuno, in grado di mobilitare la rete, avesse oggi il coraggio, e la capacità, di scatenare una battaglia su questo scandalo, denunciando quest’anomalia davanti alle commissioni di controllo sul libero commercio, alle associazioni di consumatori all’Antitrust, all’Authority della Concorrenza e del Mercato, alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, a quello che vi pare purché lo scandalo venisse denunciato e smascherato; ebbene, se qualcuno, oggi, facesse partire il tamtam dalla rete, com’è capitato per altri, e ben minori, “scandali” (vedi Premio Cairo), forse anche il muro di omertà, di manomissione sistematica delle regole di trasparenza del mercato potrebbe cominciare a vacillare, nell’unico settore del mondo occidentale dove il libero mercato è ancora considerato un nemico da combattere, da odiare, o semplicemente da manipolare allegramente e impunemente.
E forse, allora, anche il traballante regime dei soliti, pochi noti che detengono un potere immeritato e abnorme su grandi fette di mercato e di potere all’interno del sistema dell’arte, in barba a qualsiasi regola di trasparenza e di pluralismo commerciale, comincerebbe finalmente a vacillare."

Exibar Alessandro Riva
numero 64 | anno nono
marzo - aprile 2010

1 commento:

  1. Per qualsiasi motivo lo abbia scritto era ben ora che l'evidenza venisse denunciata!
    Come esempio avrebbe potuto prendere un ambiente che ha molto in comune con quello dell'arte, quello dell'editoria. Nessuno si sogna di "filtrare" i partecipanti al Salone del Libro di Torino o la Fiera del Libro di Bologna, sempre che abbiano i mezzi per parteciparvi.
    Andrebbe comunque specificato che la questione non è solo italiana, ma per lo meno europea. Quello dell'Arte, come altre funeste ideologie ereditate dall'hegelismo, non è un sistema libero.

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